Approfittando della loro generosissima disponibilità,prima del loro concerto (straordinario, per unanime decisione) tenutosi a Belluno l’11 gennaio 2022, abbiamo rivolto qualche domanda al Quartetto Werther, ovvero a Misia Iannoni Sebastianini violino, Martina Santarone viola, Vladimir Bogdanovic violoncello e Antonino Fiumara al pianoforte. 4 giovani musicisti, residenti a Roma, pluripremiati e in veloce ascesa nel panorama internazionale della musica classica.
Trascendendo ogni ambizione tecnica e musicale, le domande sono state rivolte pal solo scopo di scorpire qualche curiosità in più sulla loro attività e collaborazione.
– Prima domanda, d’obbligo: come nasce il Quartetto Werther? Con una curiosità sulla scelta del nome, che rimanda alla letteratura tedesca.
Risponde Misia Iannoni Sebastianini: Il Quartetto Werther nasce nel 2016 da una forte volontà di continuare a suonare insieme, dopo gli anni di conservatorio frequentati a Roma. Fare musica da camera era diventato un sogno comune che volevamo realizzare con il massimo dell’entusiasmo. Da quel momento è nato anche un rapporto molto profondo di amicizia e stima tra di noi, che si è consolidato sempre di più nel corso degli anni e che Vladimir, con il suo ingresso dal 2020 nella nostra formazione, ha coronato. Il nome “Werther” è senza dubbio un richiamo al romanticismo goethiano, nato inizialmente in modo un po’ inconsapevole: ricordo che l’estate prima di iniziare a suonare insieme, tutti e quattro avevamo, senza saperlo, letto o riletto “Die Leiden des junge Werther” e, come se non bastasse, uno dei primi quartetti che abbiamo affrontato, e al quale siamo molto legati, è stato appunto l’op 60 di J. Brahms, la cui atmosfera, a detta proprio del suo autore, è ispirata alla tragica vicenda del Giovane Werther.
– “Quartetto con pianoforte”, si legge nel vostro sito. E, in effetti, non è così frequente questo tipo di formazione…
Rispinde Antonino Fiumara: Ad essere sinceri nell’ultimo periodo ho riscontrato un notevole incremento di queste formazioni, rispetto a quando abbiamo iniziato. Ed è un bene poiché tanta musica meravigliosa non viene suonata, soprattutto quando, per un concerto, l’incontro tra 4 personalità diverse non permette di esplorare davvero un repertorio poco conosciuto ricco di conferme e sorprese.
La presenza del pianoforte in aggiunta al trio d’archi, o della viola al trio con pianoforte, rende quest’ensamble unica nel suo genere poiché diventa subito una piccola orchestra, con la sua potenza, ricchezza e varietà timbrica, pur rimanendo nell’intima dimensione cameristica.
Con il quartetto, più che con ogni altra formazione, riesco a sperimentare davvero l’ esperienza sublime della concertazione: la vera essenza del fare musica che inoltre trascendendo il suo significato puramente tecnico, diventa quindi allegoria della vita.
– Quanta importanza ha, per voi e l’evoluzione della vostra formazione, suonare in pubblico e quanto ritenete che sia, oggi, importante promuovere l’esecuzione di musica classica dal vivo?
Risponde Martina Santarone: Ora più che mai ci siamo resi conto di come il pubblico sia parte determinante del concerto. Come in una conversazione l’ascoltatore ha la stessa importanza di chi parla, così il pubblico durante un’esecuzione è parte imprescindibile poiché senza di esso, ci rivolgeremmo al nulla. Noi musicisti percepiamo, nel momento dell’esecuzione, l’energia che le persone attorno a noi sprigionano: la loro aspettativa, la loro concentrazione e forse il nostro peggiore incubo è la loro noia. È il pubblico che ci permette di avere quell’adrenalina che può caricare di intensità un concerto e renderlo unico. Per questo la musica classica acquista una potenza esponenziale quando è dal vivo. Il contesto che ci circonda influenza moltissimo anche elementi “tecnici”. Ad esempio una sala con i soffitti molto alti avrà più riverbero e questo andrà ad influenzare la scelta dei tempi, che saranno più lenti, e l’articolazione, che sarà più secca. Così quel modo di suonare sarà unico e irripetibile per quel momento e per le persone che sono lì, e non arriverà allo stesso modo a chi lo ascolterà in streaming. La musica classica non è che un linguaggio, estremamente vario e pieno di sfumature. Per questo non può esistere senza il suo interlocutore e cambia moltissimo quando entra in gioco l’altro.
– Un’altra curiosità: come nasce un programma musicale per un concerto o una Stagione? quali fattori concorrono a scegliere un musicista o un brano piuttosto che un altro, vi sono solo motivazioni musicali o possono influire anche fattori diversi, emotivi, sociali, di pubblico..?
Risponde Antonino Fiumara: Sono tanti i fattori che influenzano la scelta di un repertorio per un concerto. La nostra tendenza è quella di creare sempre un fil rouge che abbracci tutti i brani e crediamo che presentarli prima di un concerto sia di notevole aiuto per garantire al pubblico un ascolto più consapevole. Nel caso del concerto a Belluno, è il romanticismo e la sua naturale coda il filo conduttore, partendo dall’autore emblema dell’animo romantico e concludendosi con l’ultimo dei romantici del XX secolo, Richard Strauss. In alcune situazioni, abbiamo optato per analogie legate ad un tipo di cultura o di lingua, per altri il legame con un personaggio extramusicale o un programma dedicato ad un anniversario etc (nel 2020 abbiamo presentato in concerto la trascrizione della Sinfonia Eroica di Ferdinand Ries proprio per i 250 anni della nascita di Beethoven, ad esempio). Un’altra chiara e definita nostra volontà, è quella di includere nei nostri programmi, dei quartetti che non trovano molto spazio nei cartelloni delle stagioni, pur essendo brani di finissima fattura. Mi viene in mente l’ultimo quartetto di Mendelssohn o il Quartetto di Copland. È chiaro che alcuni brani rappresentano l’anima del quartetto più di altri e ad alcuni siamo particolarmente legati. Sempre per rimanere sul programma di Belluno, il quartetto di Strauss, altra rarità delle sale da concerto, è un brano che sentiamo molto nelle nostre corde, così come Schumann che, nonostante le diverse esecuzioni, ormai in 6 anni, ci emoziona sempre, sempre in modo nuovo.
Questa varietà di programma, è indispensabile per poter identificare quale possa essere davvero il più adatto per ogni occasione, forti del fatto che sebbene il repertorio della nostra formazione non sia ampio come quello di altre, ci ha regalato una miriade di capolavori assoluti.
– Viva la musica classica, perché…?
Risponde Vladimir Bogdanovic: Perché trasmette nel suono ciò che di soprasensibile si muove nell’uomo e nel mondo; perchè si lega al passato, ai popoli, alle danze come anche alla profonda intimità dell’individuo; perché è un pensiero creato e formato nel corso del tempo, tempo a misura del uomo, non della macchina; perchè essa riesce a parlare profondamente all’uomo a prescindere dalle quantità delle sue conoscenze, dal suo linguaggio e dalla sua professione, se egli si mette in ascolto senza pregiudizio; infine, perchè essa dá la possibilità all’uomo di elevarsi, di evolversi e di conoscere il mondo invisibile attraverso il suono.
– Dopo la tappa a Belluno, programmi, concerti, obiettivi per questo 2022…?
Risponde Antonino Fiumara: I nostri primi due mesi del 2022 sono ricchi di tanti appuntamenti importanti. A Gennaio dopo l’inaugurazione a Belluno, torneremo a Torino all’Unione Musicale (il 23/01) dopo tre anni dal nostro ultimo concerto al Teatro Vittoria; a Febbraio saliremo in gondola a Venezia per “Musikamera” con due concerti (1-2/02) al Teatro La Fenice e a seguire tappa a Macerata (15/02) per “Appassionata” dopo una full immersion in preparazione di una nuova incisione discografica che vedrà come protagonisti i brani che eseguiremo a Belluno!
L’obiettivo del 2022, che è anche forse il desiderio più grande di ognuno di noi, è quello di un ritorno alla normalità che ci consenta di vivere la musica con rinnovata energia e vivere di musica, perché di musica e bellezza il mondo ne ha proprio bisogno.
Grazie mille, per la dispinibilità e un sincero in bocca la lupo per la Stagione in corso e per la vostra carriera.
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